Dalla culla all’azienda
- Francesco Petrarolo
- 24 giu 2017
- Tempo di lettura: 4 min
skills comportamentali, tra psicologia, filosofia e pedagogia

Gli studi psicologici
Sembra ormai accertato dagli studi degli psicologi e psichiatri, che nell’infanzia si plasma una parte dei comportamenti che l’adulto manifesterà nel corso della sua vita.
L’affetto ricevuto da neonati, la tenerezza, le coccole e le carezze dei genitori, il clima all’interno del nucleo d’appartenenza, con i familiari che abbiano saputo esprimere i propri sentimenti senza soffocare e reprimere quello dei piccoli, condizionano lo sviluppo psicologico del bambino. La possibilità e la capacità degli stessi di potersi esprimere, comunicare e relazionarsi, manifestare i propri sentimenti e sentirsi accettati, la fiducia negli altri, nelle proprie idee, la creatività e le abilità a saper fare da soli, contribuiscono all’orientamento di una parte dello sviluppo psichico. Altri elementi condizionano i comportamenti dei bambini prima e dei grandi dopo: le amicizie, le perturbazioni adolescenziali, il ripudio, le delusioni, le lusinghe, gli inganni, gli amori, la scuola, la formazione, gli ambienti di lavoro e la società con tutte le sue sfaccettature. Essi contribuiscono alla formazione caratteriale, ai modelli comportamentali, alle abitudini ed alla gestione dei propri quozienti emozionali.
Alcuni percorsi della vita: abitudini ed insegnamenti
In tutte le fasi di crescita dell’uomo, dalla culla all’azienda, viviamo una serie di eventi.
La famiglia di origine tende a curare più il corpo e meno lo spirito: “mangia”, “lavati”, “non farti male”. La stessa insegna i comportamenti: “questo è giusto”, “sii rispettoso delle leggi”, “sii deferente con gli anziani”, “non bestemmiare” e così via. Pochi genitori si rendono conto del perché il bambino si tuffa nello studio o si rifiuta di seguire gli obblighi scolastici considerando questi comportamenti come segnali di forte maturità e responsabilità o tremenda irresponsabilità e svogliatezza. È più facile dire “sei noioso”, “sei una lagna”, “sei incapace”, “sei cattivo”, oppure “devi fare questo”, “non fare quell’ altro” che farsi raccontare le storie accadute perché le stesse sono interessanti, per capire e riflettere. I genitori chiedono “che succede?”, “sei triste?”, “ti vedo stanco” per conoscere i fatti o gli episodi che li hanno provocati, perché gli stessi contano, ma non badano alle emozioni che li hanno procurati. I padri indagano sulla perdita di interessi del figlio, sulla mancanza o l’ eccessivo appetito, sull’ affaticamento o la perdita di energia o di concentrazione, ma non sulle cause che li hanno scatenati. Essi, spesso, evitano di confrontarsi, e se è necessario di mettersi in discussione, non entrando nei meandri dell’ animo per capire la tristezza, i pensieri o per percepire la rabbia esplosa o le felicità manifestate.
La scuola, a sua volta, cura il nozionismo, l’ apprendimento delle materie, sorveglia la nostra intelligenza, a volte ci spiega i comportamenti o l’educazione civica ma non si applica per andare oltre, per percepire la natura del nostro essere, il perché dei nostri pensieri, dei sentimenti e gli stati d’animo che ci accompagnano. Il lavoro è caratterizzato dallo svolgimento di alcune mansioni all’interno di un ruolo; i capi giudicano le prestazioni ed il potenziale ed in qualche caso valutano il comportamento. Con i colleghi ci si scambiano informazioni, notizie, a volte anche le preoccupazioni ed alcune emozioni, ma difficilmente ci si interroga sui motivi che determinano i momenti di assenza, distrazione o sul perché un viso è stravolto; mai si considerano gli aspetti interiori di un comportamento (ma solo i risultati che provocano) e la condotta utilizzata, che spesso è fine a se stessa. A volte ridiamo di qualcuno e non con qualcuno, siamo suscettibili o permalosi, esplodiamo in maniera spropositata rispetto alle cause che hanno determinato un fatto, abbiamo reazioni esagerate o dimostriamo indifferenza. Accade che provochiamo o ci lasciamo provocare non ascoltando gli altri; giudi- chiamo, critichiamo o spettegoliamo, ma difficilmente cerchiamo di capire i perché, le cause che hanno provocato tali comportamenti, difficilmente entriamo nei cuori degli altri per capire i sentimenti e le emozioni che hanno determinato gli eventi. Il nucleo familiare costituito, coniuge e prole, valuta, infine, la capacità che abbiamo di produrre reddito, di saper trattare il compagno ed i figli, di farli vivere decorosamente, di dare affetto, di essere gentili, di comportarci con onestà e rettitudine, quando va bene, ma non vigila sulle nostre emozioni, sulle perturbazioni che ci affliggono, sugli stati d’animo che ci accompagnano, sui nostri pensieri più intimi. È più facile che si affrontino gli aspetti emozionali con superficialità, senza verificare ed interpretare gli aspetti più interiori.
Nessuno ci insegna e ci aiuta ad affrontare le sfide della vita con tutte le difficoltà che si presentano, le responsabilità che si devono assumere, a conoscere e gestire i nostri livelli emozionali; pochi entrano nella nostra anima con lo spirito di sostenere, aiutare: più frequentemente si introducono furtivamente nei nostri sentimenti con lo spirito di indagare,giudicare, criticare.
Le problematiche del lavoro: i mancati insegnamenti

In un momento della nostra vita, dopo le vicissitudini, più o meno gravi, di un periodo scolastico di formazione seguite dalla frustrazione per la ricerca di un lavoro, entriamo all’ interno di un’ azienda, magari con tanto entusiasmo per il lavoro trovato: ci vengono date le regole di comportamento, ci spiegano le cose da fare, ci accennano al clima esistente nel reparto o nell’ ufficio, ma soprattutto ci giudicano e ci valutano dicendoci: “lei è”, “tu hai fatto”, ”le avevo detto che”, ”tu non hai capito”.
Si fanno i progetti su di noi e non con noi, si creano aspettative. I capi ed i colleghi ci spiegano il lavoro da fare e, a volte, come svolgerlo, ci indirizzano guidandoci sulle tecniche da utilizzare ma con difficoltà parlano di comportamenti, relazioni, stati d’ animo. Nessuno ci spiega e ci insegna:
• a comunicare, in maniera proficua con i compagni di lavoro, con i capi o i collaboratori;
• a relazionarci in maniera costruttiva con l’ obiettivo di creare empatia;
• a socializzare con altre persone per svolgere le attività con maggiore serenità;
• a guardare gli altri con amore, valutando le loro sensibilità ed i loro malesseri;
• ad avere rispetto per i sentimenti altrui e a non abboccare alle provocazioni;
• ad affrontare i possibili conflitti che a volte si presentano solo per il fatto che siamo accanto ad altre persone che hanno i nostri stessi problemi di vita, magari misurandoli con pesi diversi;
•a gestire i nostri e gli altrui umori, frustrazioni e solitudine;
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